Siamo dinnanzi a un paradosso. Draghi è stato il padre del “quantitative easing” e per questo avversato duramente dalla Bundesbank, che sin dal varo del programma ha eccepito che avrebbe incentivato l’azzardo morale tra i governi, dissuadendoli dal fare le riforme economiche richieste e spingendoli a indebitarsi ulteriormente, approfittando dei bassi costi di emissione.
Draghi ha ignorato queste sirene fino all’ultimo giorno della sua presidenza, cioè poco più di un anno fa. Clamoroso che sia finito per dare ragione ai suoi detrattori, ma quel che si evince dalle sue parole è la preoccupazione crescente tra gli stessi ambienti dell’alta finanza e delle banche centrali sulle conseguenze a medio-lungo termine di politiche monetarie così sfrenate.
Ci si sta quasi convincendo che si possa stampare tutto il denaro che serve per finanziare spese in deficit e senza conseguenze sull’inflazione e l’economia, in generale.